Per parlare d'Amore, a modo mio.

giovedì 2 maggio 2013

Noi e gli anni della crisi



C’è una canzone di Jovanotti che dice “A te che mi hai insegnato i sogni e l’arte dell’avventura”. Questa canzone mi piace molto anche perché il maritino una volta, mentre eravamo in auto e stavamo andando da qualche parte, mi ha detto: “Ascolta, sembra parli di te, è quello che io penso di te”. Lui non è un tipo mieloso quindi una frase del genere me la ricordo per forza. Io gli ho risposto: “Certo che sono io, non sai che storia con Jovanotti…”. Eh, lo so… ma spesso, quando mi emoziono molto, butto tutto sul ridere. Una frana, ok.
Pensandoci, però, credo che questa frase un po’ mi rispecchi e sono convinta di sì, di avergli insegnato i sogni e l’arte dell’avventura. Io sono una sognatrice incosciente, in caso non l’abbiate ancora capito. Fortuna che c’è lui che mi tiene un po’ con i piedi per terra se no, altro che testa fra le nuvole. Per intenderci, tre anni fa ho lasciato un bellissimo lavoro e un ottimo stipendio per inseguire due sogni, quello di potermi dedicare alla scrittura, guadagnando praticamente nulla che non sono Ken Follet, e quello di riuscire a fare la mamma senza andare a mille all’ora. Il sogno di non dovere rispettare orari, di poter scrivere e lavorare a qualsiasi ora della giornata. Il sogno di non trascorrere la mia vita sempre in un ufficio. Il sogno di gestirmi, di gestirmeli io, il mio lavoro e il mio tempo. Provate voi a dire a vostro marito: “Io voglio stare a casa, non voglio più andare in ufficio, voglio essere libera, voglio fare la scrittrice che si vive una volta sola e voglio provarci”. Io l’ho fatto e lui mi ha detto: “Va bene, se è quello che vuoi, fai bene”. Non avete idea di come, da subito, pur non avendo più uno stipendio e magari rinunciando a comprarmi la borsa di Louis Vuitton, sia aumentata la qualità della mia vita.

L’anno scorso, una mattina prima di Natale (ricordo benissimo), mi ha telefonato per dirmi che aveva perso il lavoro (due giorni prima di Natale, e una settimana dopo essere andata alla cena aziendale più disgustosa a cui mi sia mai capitato di andare, con il capo che si faceva chiamare Presidente e con i servi al seguito. La corte delle vanità e della falsità, uno squallore insomma). Io mica ho pensato: “Merda, adesso cosa facciamo?”. Ero ovviamente dispiaciuta perché percepivo come si sentisse lui ma, da un lato, ero anche contenta perché non l’avevo mai visto così demotivato, senza passione e scontento come in quell’ultimo anno. Gli ho detto: “Beh, ci inventeremo qualcosa, non preoccuparti”. E così è stato solo che io non ho fatto niente e, come al solito, ha pensato a tutto lui. Dopo qualche mese alla ricerca di un lavoro interessante e dopo avere constatato che in giro non c’è nulla, che i manager sono i primi a saltare e le aziende invece di assumere licenziano, sì è dato da fare e si è praticamente inventato una professione, si è rimesso in gioco, ha avuto il coraggio (e naturalmente le capacità) per poterlo fare.

Un’altra moglie, forse, gli avrebbe detto di continuare a cercare o di accontentarsi perché l’importante è avere uno stipendio fisso. Io no. Io ho sempre creduto in lui e so che è in grado di fare qualsiasi cosa perché è uno in gamba. Io gli ho consigliato di provarci, che l’idea è buona, anche se c’è il rischio. Ma se non rischi, soprattutto al giorno d’oggi, stai fermo. E se non hai più un lavoro e non te lo inventi, al giorno d’oggi, non lo ritrovi.

Lui mi ha detto: “Si tratta, se va bene, di vivere due o tre anni difficili. Sarà dura ma se funziona ne sarà valsa la pena”. Io gli ho risposto: “E allora? Ce la faremo, non ti preoccupare e se non ce la faremo ci inventeremo ancora qualcos’altro”.

Le idee a volte, bisogna ascoltarle. I sogni, inseguirli.

Forse un’altra donna non gli avrebbe permesso di intraprendere questa avventura. Io sì. E so di avere fatto bene a spronarlo (indipendentemente da come andrà) quando lo guardo mentre, spesso anche la sera, studia tutti i suoi dati e numeri al pc, mentre guardo la luce che ha negli occhi quando mi dice che ha un contratto firmato. E sono fiera di lui, che ha avuto il coraggio di reinventarsi come uomo, e sono contenta di essere io, sua moglie.

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