Per parlare d'Amore, a modo mio.

lunedì 28 ottobre 2013

La mamma perfetta




Al contrario di quello che spesso appaio agli altri, a volte, non sono così tanto sicura di me stessa. A volte, per fare le cose, ho bisogno che qualcuno mi sproni, mi aiuti, mi stia vicino. Che mi dica: “Prova!”. Di qualcuno che sia capace di trasformarmi, seppur momentaneamente, in una Leonessa.


“La mamma perfetta” è il primo libro che abbia scritto ed è stato pubblicato in forma cartacea, per la prima volta, da Ugo Mursia Editore a maggio del 2011. All’inizio del 2013 ne ho acquisito tutti i diritti. Bene, volevo farne subito un ebook ma, alla fine, sono passati mesi. Un po’ perché sono stata travolta da “Un cassetto nel cuore” che è andato benissimo e poi, beh… da cose mie. 


Inoltre, sinceramente, non ero più sicura che “La mamma perfetta” potesse interessare qualcuno. Sono trascorsi due anni e pensavo che fosse “superato”. Alcune amiche, però, mi hanno detto di no, che è molto attuale, forse più di quanto lo fosse due anni fa. E che può essere di aiuto alle future mamme e alle neomamme, che può servire a non farle sentire “extraterrestri” in una società che comunque, ancora oggi, non è fatta per mamme e bambini. Così ho iniziato a pensarci su.


Una decina di giorni fa ero in bagno col maritino, ci stavamo lavando che andavamo entrambi di corsa (eh, abbiamo un bagno solo!) e mi ha chiesto: “Allora, lo pubblichi o no?” – Io ho risposto: “Booo….”.


Abbiamo parlato, anzi mi ha parlato. Io ho ascoltato e sono stata zitta (ogni tanto capita). 

Se ho pubblicato “La mamma perfetta” è solo merito suo, è soltanto merito delle parole che mi ha detto. E io lo amo immensamente anche per questo motivo, perché sono consapevole di avere accanto un uomo che non ha mai smesso di credere in me (anche quando io stessa non ci credevo più), e nei miei sogni.


L’ebook de “La mamma perfetta”, questa mattina, dopo 12 ore dall’uscita, aveva già scalato la classifica ed era nella Top 100 dei Bestseller di Amazon nella categoria Famiglia e Relazioni. 


Era quello di cui avevo bisogno, quello che mi serviva. La risposta che volevo, per andare avanti. A scrivere.

Ora sono a posto, così.

domenica 20 ottobre 2013

La serenità del cuore



Chi mi leggeva su La Voce delle Mamme (il mio blog storico, che ho chiuso e che verrà incorporato in Donne Magazine), sa che Ottobre è per me un mese un po’ strano, ricco di emozioni altalenanti sia in negativo sia in positivo.


Ultimamente mi ritrovo spesso a pensare al concetto di felicità: a volte credo di non essere abbastanza felice, come se mi mancasse qualcosa, altre penso di esserlo fin troppo. No, non sono matta anche se in certi casi il dubbio mi viene.


È che ogni tanto penso alla mia vita (quella vissuta fin qui) e, quando accade, mi rinchiudo nei miei silenzi (quelli che spaventano il maritino perché dice che “vado via” per un po’ e non sa dove perché non riesce a entrare, perché io non lo faccio entrare). Sono fatta così, a volte faccio a pugni col mio cuore… Poi però torno, torno sempre ma solo quando ho capito, quando ho finito di pensare.


Felicità. Ho fatto le mie elucubrazioni in merito e, questa volta, ho sentito il bisogno di aprire la porta anche a lui. Ieri mattina l’ho svegliato (bene, come dovrebbe fare più spesso una persona innamorata) e l’ho reso partecipe dei miei pensieri, delle mie incertezze ma anche delle mie gioie, delle mie emozioni e delle mie certezze. Ho fatto bene.


A volte uno pensa di essere solo ad affrontare le proprie paure ma basta “aprire” il cuore, basta permettere all’altro di leggervi dentro per comprendere che “soli” non si è, né mai si sarà.


Per quanto mi riguarda, credo che la felicità sia effimera, si è felici a momenti che io chiamo “picchi di emozioni positive”. Botte di adrenalina. Si è felici quando si è incoscienti, magari quando si è bambini e si ignora la vita.


Un adulto, secondo me, deve arrivare ad ambire alla “serenità”, alla serenità del cuore, che è quella che non ti fa perdere di vista le cose importanti o, meglio, le piccole cose, quelle a cui, spesso un adulto, è abituato a non porre attenzione perché le ritiene scontate (e se una cosa è scontata, non esiste più) ma che sono in realtà le più grandi.


Le nostre vite scorrono veloci e il tempo è impietoso. Il passato è passato e, per quanto bello possa essere stato, non torna indietro. Ed è giusto che sia così. Perché il cuore ha bisogno di presente, per vivere. Per respirare. Quando comprendi questo, quando hai la fortuna di avere al tuo fianco una persona “grande” con cui puoi parlare veramente di tutto, non puoi non sentirti fortunata e capire (finalmente) che non sarai mai sola e che alcune tue paure sono davvero senza senso perché ce l’hai di fianco, chi è “disposto” a entrare nel tuo cuore per vedere cosa ci sia dentro, nel bene e nel male. Basta che tu gli apra la porta, che tu gli permetta di entrare. 


Perché, per essere sereni, bisogna avere grande rispetto del proprio cuore e trattarlo bene. Qualche volta, vale la pena “aprirsi” a chi ti aiuta a non prenderlo a pugni. E solo chi ti ama veramente, può permettere questo. Essere forti non significa essere in grado, da soli, di risolvere tutto. Essere forti può anche voler dire fidarsi, dell’altro da sé. Consegnarsi all’altro, semplicemente. Darsi, ma sul serio. 


Ecco, non mi interessa più pensare alla “stato di felicità”, a cosa dovrebbe essere, la felicità. Mi basta pensare a quello che ho, vivere quello che ho già. Perché, sostanzialmente, la serenità nel cuore mi fa stare bene.

martedì 8 ottobre 2013

42





Adoro questo numero. No, non per il significato numerologico perché non me ne intendo molto anche se, cercando su Internet, ho dato un’occhiata al significato magico dei numeri della Cabala (cosa che, tra l’altro, approfondirò, semplicemente per diletto) e mi è piaciuto molto.


A quanto pare il 4 rappresenta il mondo fisico, la materia mentre il 2 la Creazione, la nascita della dualità, la dicotomia tra mondo fisico e mondo spirituale. Con un po’ di fantasia voglio interpretare il 42 come “consapevolezza” dell’essere in quanto corpo fisico e spirituale nell’universo.


Ma, lasciando perdere queste cose, il “mio” 42 rappresenta semplicemente la taglia degli abiti che indosso ora, quella che portavo quando avevo vent’anni.


Vedete, dopo essere diventata mamma, il mio corpo è cambiato (ahimé!) e da un fuscello che ero (il maritino diceva che fossi il suo “bijoux”), mi sono trasformata letteralmente in una mucca (per di più senza latte). Ovviamente non ha mai detto “sei la mia mucca” perché ora, altrimenti, non staremmo più insieme… Però, io sapevo di sembrare una mucca. Lui (probabilmente per pietà) non mi ha mai fatto pesare la cosa, ma “pesava” a me, che sapevo quanto pesassi.


Intendiamoci, non ho mai dato importanza al fisico, finché non sono diventata mamma (aridaje)… Nostro figlio ha quasi otto anni e in tutto questo tempo ho alternato periodi di grassezza vera e propria a periodi di grassezza moderata. E comunque non mi sono mai piaciuta. Ed è questo è il punto: piacersi.


Quando ho scritto “Un cassetto del cuore” ho perso cinque chili (io dimagrisco quando sono intenta a scrivere) ed è scattato in me qualcosa che mi ha fatto dire: “Voglio tornare bella”. 


Non ho fatto “diete” strane o particolari perché non ho costanza; di solito, in questi anni mi mettevo a dieta il lunedì e terminavo al mercoledì. Quindi…


Ho semplicemente cambiato alimentazione. Non posso dire di essere diventata vegetariana perché, qualche volta, mangio il pesce però ho eliminato completamente carne e latticini. E non esagero coi carboidrati.

Credetemi se vi dico che già così mi sono “sgonfiata”. Mangio tantissima verdura e legumi (un sacco di lenticchie per il ferro). 


Se avete problemi di peso, consiglio vivamente di andare da un medico e fare tutti gli esami, poi, senza pregiudizi, affacciatevi al mondo vegetariano. Senza pregiudizi.


Oggi, ho indossato un cappotto taglia 42 che avevo nell’armadio da vent’anni (non butto via niente) e mi stava pure un po’ larghino. Ora, penserete che mi sia totalmente rincretinita ma, chi mi conosce lo sa, prima di diventare mamma (aridaje aridaje) ho sempre portato la taglia 40 o 42… Insomma, sono tornata al mio peso ideale.


Oggi, guardandomi allo specchio mi sono piaciuta molto, sono tornata a piacermi. Il mio corpo, mi piace. Adesso. Ed è una bellissima sensazione. Mi sono guardata allo specchio e, dopo tanto tempo, mi sono “riconosciuta”. Sono tornata “Io”. Ed è bello “ritrovarsi” quando non ci si trova più da un po’.


La scorsa settimana, ho avuto stranamente una crisi di gelosia nei confronti del maritino per una stupidata, davvero per una stupidata. Chi mi conosce sa anche che è praticamente impossibile che io sia gelosa ma si vede che c’è sempre una prima volta… Una iena, avete presente? La cosa buffa è che non la fossi quando mi sentivo “mucca woman” e lo sono diventata adesso che mi piaccio.


Beh, fatto sta che il maritino, secondo me, è tornato a guardarmi con gli occhi che piacciono a me, quelli che voglio io, e questa cosa mi fa stare benissimo. Oppure sono io che ho cominciato a guardarmi con uno sguardo più “consapevole”. Sono una donna di 41 anni che ha avuto la fortuna di diventare anche una madre, ho una cicatrice nel ventre che neanche ve la immaginate (senza pancia si vede di più) ma sono io, sono sempre io. E mi piaccio sul serio.

sabato 5 ottobre 2013

La gelosia



Ieri è stata sostanzialmente una bella giornata ma è successa una cosa strana che continua a farmi riflettere.

Io non sono mai stata gelosa del maritino, assolutamente mai, tanto meno delle sue storie passate. Non perché non mi interessi, non lo sono mai stata per indole, probabilmente. È otto anni più grande ed è ovvio che abbia vissuto più storie di me, buon per lui. Insomma, mio marito, prima di conoscermi deve essersi fatto il mondo ma io sono dell’idea che, in questo, sia sempre meglio essere “l’ultima”. Non fa una piega. Certo, è capitato che qualche zoccoletta in passato, ci avesse “provato” anche davanti a me (l’ho conosciuto quando avevo 27 anni perché era un mio “cliente” che, detto così fa brutto ma, insomma, gli vendevo spazi pubblicitari su una rivista… tanta, gliene vendevo, di pubblicità), magari a una cena di lavoro o cose così e il risultato era che dopo, insieme, ci facevamo delle grandi risate. E lui, pure, non è mai stato geloso di me, del mio passato. Almeno credo.

Ieri ho “flippato”, per una stupidata che non sto a raccontarvi perché sostanzialmente sono fatti nostri. Quello che mi stupisce, è che mi sia arrabbiata (così tanto che non ne avete idea) per una cosa veramente stupida. Penso che anche lui si sia stupito per la mia reazione. Il punto è che credo gli abbia pure fatto piacere, come se avesse bisogno di quello che stava accadendo, di quello che stavo dicendo.

Dopo la “tempesta” mi sono buttata in vasca da bagno perché avevo troppo freddo e voglia di rilassarmi e ho pensato a un po’ di cose. Lui, si è messo a cucinare.

Pensavo ai “confini”, ai “limiti”. Pensavo al senso di “libertà” e a quello di “possesso”. Pensavo che io ho estremamente bisogno di sentirmi “libera” altrimenti so, mi mancherebbe il respiro. Ma, allo stesso tempo (anche se non l’abbia mai ammesso neppure a me stessa), ho bisogno di sentirmi “circoscritta”, ho bisogno di limiti e di confini. Ho bisogno di sentirmi protetta, da cosa non so. Lui, in quasi dieci anni di matrimonio, mi ha sempre lasciata molto libera, in tutto: scelte, decisioni, ha sempre avuto estremo rispetto per le mie idee (anche per quelle strampalate) e mi ha sempre appoggiata e supportata. 

Pensavo che io, invece, sono una che “spinge” nel senso che, soprattutto in questi ultimi due anni, in nome della mia fantomatica “libertà”, l’ho sempre spinto al limite. L’ho sempre messo alla prova. Certo, lui le ha sempre superate, le mie prove. Come se avessi bisogno di continue e superflue conferme. Intendiamoci, so benissimo quale sia il limite che non potrei e non vorrei neppure tentare di oltrepassare. Fatto sta che, secondo me, io, nella mia vita, ho sempre preteso libertà per paura di essere messa “in gabbia”, per paura di essere “limitata” da confini prestabiliti. Per paura di soffocare.

Io so che mio marito mi ama immensamente e sono stanca, alla mia età, di avere paura di ammettere di aver bisogno di una persona, di lui. Per vivere. Sono stanca di mettere alla prova il suo Amore per me. 

A volte penso a come riesca a “tenermi”, a come sia riuscito, in tutti questi anni, a tenermi. A non farmi andare via. Forse, perché mi ha semplicemente amata. Nel modo giusto.

Ieri, dopo il bagno mi sono messa il pigiama e mi sono sdraiata sul divano ad ascoltare la musica che usciva già dalle casse… Ero esausta, rilassata ma esausta, come se avessi appena fatto un incontro di boxe. Lui è venuto a dirmi che era quasi pronto il risotto al tartufo (che, sa, è uno dei miei piatti preferiti), si è chinato e mi ha abbracciata fortissimo.

Io, che non ho mai sopportato le persone “possessive”, l’ho guardato e gli ho detto: “Tu sei mio. Ed io sono tua”.

Fanculo le mie idee sulla libertà e sul possesso.
Questi sono i nostri confini, quelli che voglio e di cui, so, ho bisogno.

domenica 22 settembre 2013

Non al mare




Ok, sono qui. Immobile. È domenica e respiro casa, mi piace respirare casa. Ma ho anche voglia di andare. 

Sono qui da 21 giorni. Mi sembra, però, di essere lontana dal mare da secoli, tanto che avrei già voglia di tornare. Avrei bisogno, di tornare.

Che a me, in realtà, il mare ha sempre fatto paura quando è calmo perché non so mai cosa nasconda. Mi piace quando è arrabbiato, perché si palesa in tutta la sua forza prepotente e posso ammirarne la grandezza e l’onestà.

Il mare è come l’anima, è la coscienza delle nostre emozioni, la coscienza del nostro inconscio, dell’Io che non appare. Ho bisogno di respirare anche il mare. Ho bisogno di respirare anche quella parte del mio Io, la parte irrequieta della mia anima. Che più mi paleso e più mi sento forte perché mi sento Io.

Qui faccio cose e vedo gente, troppe cose e troppa gente. Faccio cose che mi tengono la mente occupata, che non mi lasciano il tempo per altro, neppure per pensare o per fare una telefonata. Faccio cose che mi stancano. È quello che mi occorre. 

Al mare è diverso, al mare mi “espando”. Posso essere Io nella mia interezza per il semplice fatto che so di essere abbastanza “lontana”. Posso guardare, senza paura, il mare in tempesta e riconoscermi. 

Mi hai detto di non smettere mai di scrivere, che sono brava. Io te l’ho spiegato che non sono particolarmente brava, che scrivo solo quello che le donne hanno voglia, o bisogno, di leggere. Mi hai detto che non importa, che in ogni cosa che scrivo c’è dentro un po’ di me.

È che io, forse, avrei bisogno di scrivere meno e vivermi di più. Di non avere paura. Di me.

Ma, intanto, ho cominciato a scrivere il prossimo. Qui, e non al mare.