Per parlare d'Amore, a modo mio.

martedì 30 aprile 2013

Mora




Dopo la parentesi dei capelli di colore rosso-arancione (tra l’altro divertentissima), sono tornata ad essere Io. Sono sempre stata mora, solo che circa un mesetto fa, ho sentito il bisogno di cambiare un po’, di cambiare qualcosa… e finché si tratta del colore dei capelli, poco male, no? Dico…

Non che sia particolarmente volubile però mi sono stufata subito di specchiarmi rossa… che “rossa” devi sentirti, mica puoi improvvisare. Per un po’ è andata bene, mi sono divertita, appunto. Gagliarda, rossa. Poi, ho iniziato a guardare una sconosciuta, una che con me, non ci azzecca proprio un’acca.

Chissà perché noi donne, ogni tanto, abbiamo la necessità di “stravolgerci”… Forse per non stravolgere direttamente la nostra vita. Per paura di cambiarla troppo, la nostra vita. Insoddisfazione? Noia? Abitudine? Forse. Oppure soltanto voglia di sorprendere e di piacere, a se stesse ma anche agli altri. Di continuare a piacere agli altri, a coloro che ci amano. E, a volte, ci accontentiamo di cambiare il colore dei nostri capelli. Ci illudiamo di essere migliori attraverso un tono di tinta. “Rossa, fatto. Ora tutto ok”... No, non funziona così. Non ci rendiamo conto che non è la soluzione, che sono i nostri cuori ad essere in movimento e a cambiare. Sono i nostri cuori che ci indicano la strada, ciò che vogliamo essere e come vorremmo vivere. Spetta  a noi ascoltare o meno. Avere coraggio o meno. Le scelte, alla fine, spettano sempre e solo a noi. E non scegli meglio in base al colore dei tuoi capelli.

Ho capito solo una cosa: non mi è servito a nulla giocare a fare la “rossa”. Tanto vale avere i capelli del mio solito colore e continuare ad essere me stessa perché mi basta essere Io, anche le volte in cui non riesco a trovarmi.

domenica 28 aprile 2013

Sentire




Adoro ascoltare il rumore della pioggia. Mi sembra di sentire anche il mio, di rumore. Mi sento più vicina a me stessa, mi ascolto il cuore più facilmente.

Il fatto è che questa mattina il mio ebook “Un cassetto del cuore”, a più di un mese dalla pubblicazione, è tornato al primo posto della classifica dei Bestseller di Amazon nella categoria Famiglia e Relazioni. Non me ne intendo molto ma credo sia un buon segno. Forse, piace. Forse si sta spargendo la voce che, come scritto, non sia poi così male. O, forse, è talmente brutto che qualcuno lo compra per constatarlo di persona. Non so.

Da quando ho fatto l’ultima revisione prima di pubblicarlo non l’ho più letto perché… Perché, in verità, non ci riesco. È una storia di fantasia ma c’è dentro anche tanto di me. Probabilmente più di una parte di me. Questo è un libro che, sebbene da un lato mi abbia fatta “rinascere”, dall’altro brucia. Fa male come il fuoco, come le emozioni che ancora, a volte, sento dentro. Prepotenti. Che il fuoco scalda ma può anche distruggere.

E mi chiedo perché io senta così forte, tutto. Amore e odio. Gioia e dolore. Vita e morte.

Mi chiedo se per tutti sia così e penso, più o meno, di sì. Che la vita, probabilmente, deve essere così… Finché “senti”, vivi.

È quando smetti di sentire che, forse, devi iniziare a preoccuparti, quando pensi di essere vivo ma in realtà sei morto perché non sei più capace di “sentire”.

venerdì 26 aprile 2013

Descrivo la mia mamma



Che settimana! Tranquilla, eh? Eh? No ma interessante.

Una cosa bella è che quel progetto cui avevo accennato qualche post fa, quello che mi pareva tanto difficile da realizzare, è andato in porto. E, altri, sembra stiano prendendo una forma, bella. Che da cosa nasce cosa…

L’altra cosa bella è che non ho praticamente “lavorato” (certo, ora sono in ritardo su tutto ma pazienza) perché il maritino è andato qualche giorno in Olanda per lavoro e ho preferito vivere la vita reale insieme al mio bambino piuttosto di farmi fagocitare dall’amico monitor. È che io, col mio settenne, mi diverto tantissimo. È strano ma, quando non c’è suo papà, mi sento di dovere fare per due e così mi dedico completamente a lui.

Insomma, è come se fossi stata in vacanza anche se sono stata a casa.

La chicca di questa settimana è stata il “tema” che Filippo ha scritto, dal titolo “Descrivo la mia mamma”. Fantastico… e fa riflettere. 

Vi auguro un buon weekend lasciandovi qualche frase, giusto per ridere un po’:

“La mia mamma è minuta e morbida…” (tipo una caramella mou).

“Il suo viso è lentigginoso, i suoi capelli fulvi, il suo naso grande e la sua bocca rossa” (insomma, una “gnocca”).

“Il suo carattere è di non voler sbagliare mai niente e la sua passione è scrivere” (ecco, su questa frase devo riflettere… Io, che non dimentico di dirgli mai che “dagli errori si impara”, ai suoi occhi sono una persona che non vuole, comunque, sbagliare niente…).

Penso che, a volte, i nostri figli ci conoscano meglio di quanto crediamo e, forse, anche più di noi stesse.

giovedì 18 aprile 2013

#OccupyParrucco



Ieri mattina ero così tesa e preoccupata per le votazioni del Presidente della Repubblica (Marini o Rodotà?) che non ho acceso proprio la televisione. E non ho neppure lavorato. L’unica cosa che sono riuscita a fare senza grossi problemi è stata quella di andare dal parrucchiere a fare un ritocchino al mio “rosso”.

Quando, in tarda mattinata sono rientrata a casa, l’ho accesa, la TV… e ho capito subito che avrei fatto meglio a trascorrere la giornata dal parrucchiere, avrei dovuto fare l’OccupyParrucco (ogni riferimento a persone o fatti accaduti è puramente casuale, eh?) che sarebbe stato sicuramente più divertente e rilassante.

Quello che mi ha colpito non è stato tanto il discutibile “inciucio” tra PDL e PD, non è stato l’abbraccio di Bersani ad Alfano che, a quanto pare, non è un giaguaro da smacchiare…

Mi hanno colpito molto i soli 13 voti presi dalla Bonino nel senso che mi hanno fatto riflettere su quanto le donne contino in realtà in politica (e non mi riferisco alle ex attricette siliconate e ora acculturate) ma a donne che hanno veramente lottato una vita per fare vivere meglio altre donne.

Mi ha colpito il fatto che alla seconda votazione, dopo che alla prima hanno evidentemente vinto i “scelti tiratori”, PD e PDL abbiano votato scheda bianca dimostrando di avere le idee chiare (probabilmente è una “strategia” politica che non riesco a comprendere che io di politica non me ne intendo proprio). Chissà perché credo che il nome di Prodi sia stato fatto così e che vincerà invece Massimo D’Alema.

Mi ha colpito molto la strategia di Bersani e del “vecchio” PD che (anche qui) non riesco a comprendere. Dico “vecchio” perché oggi 19 aprile, sostanzialmente, il PD non esiste più. Mi ha colpito (comunque sia), la compattezza del PDL. E mi ha sorpreso, ancora di più, quella del Movimento 5 Stelle.

E mi ha colpito molto l’assenza-presenza di Matteo Renzi che, mentre gli altri provavano a fare i soliti inciuci, proprio perché la politica necessita di un “cambiamento” e loro lo hanno capito bene, twittava con l’hashtag #coseconcrete di essere in una piazza a inaugurare un fontanone… Che uno, poi, pensa che un partito potrebbe anche farselo da solo, no?

Mi ha colpito, tanto, quanto ci stiano prendendo per i fondelli, quanto la politica “vecchia” sia davvero così lontana e così poco attenta alla vita che vive la gente “comune” e alle situazioni che la famiglia media italiana si trova a dovere affrontare, forse, anche per colpa dell’inadeguatezza e della cupidigia della politica stessa.

Poi, ieri sera, mi sono trovata ad ascoltare le parole di Gino Strada e ho pensato: “Quanto sarebbe bello se fosse lui, il Presidente della Repubblica”.

Ma io sono fondamentalmente una sognatrice che di politica non se ne intende proprio.

Beh, ditemi come finisce che sarò sicuramente dal parrucchiere a spuntarmi i capelli, che ho le doppie punte.

martedì 16 aprile 2013

Tulipani







Nonostante non abbia il “pollice verde” e in casa mia poche cose rimangano “verdi” a lungo (tranne metà Ficus a dire il vero, che l’altra metà è morta da tempo), adoro i fiori. Mi piacciono tantissimo.

Intendiamoci, mi piace fotografarli, non prendermene cura che i fiori appassiscono in fretta e vederli morire mi mette tristezza. Per dire che è possibile che, qualche volta, vi faccia vedere le foto dei “miei” fiori.

La prossima settimana il maritino andrà qualche giorno in Olanda per lavoro e, di solito, ha “l’obbligo” di portarmi una tazza (sì, a quarant'anni faccio ancora la collezione di tazze…) da ogni Paese in cui va senza di me.

Me lo vedo, all’aeroporto, dieci minuti prima di imbarcarsi correre al Duty Free perché guai a tornare a casa senza una tazza per la mogliettina.

Ieri mi ha detto che questa volta vuole portarmi i bulbi dei tulipani. Che non ci provi neppure. Piuttosto, se proprio vuole cambiare regalo, mi porti una forma di formaggio olandese, no?

Sì, a volte sono viziatissima. Non è colpa mia. È lui che mi vizia, si vede che vuole così. E a me va più che bene.

Qualche anno fa, insieme a una coppia di amici, abbiamo preso la macchina e siamo partiti per un mese e ci siamo fatti il giro dell’Olanda, così… un po’ alla “selvaggia”. Che non esiste mica solo Amsterdam. Ho visto dei posti stupendi e delle Isole meravigliose. Mi piace l’Oceano, anche se mi incute un po’ timore. Una volta abbiamo dormito in una fattoria "magica".

Quando nostro figlio sarà più grande mi piacerebbe rifare questo viaggio, fargli vedere tutto dell’Olanda. Pensandoci, magari, è meglio farlo in fretta che quando sarà adolescente non credo abbia voglia di andare ad Amsterdam con mamma e papà. Noi, potremmo fargli vedere giusto il Van Gogh Museum… il resto, forse, è meglio che se lo veda da solo, con i suoi amici. E si diverta come ci siamo divertiti noi.

lunedì 15 aprile 2013

Boston Marathon, tra le vittime anche un bimbo di otto anni



Ed è morto un bimbo di otto anni. Mio figlio ne ha sette e mezzo. C’è chi su twitter ieri sera ha iniziato a usare l’hashtag  #PrayForBoston che se si fa una preghiera passa tutto, ci consoliamo tutti. Io no, non prego. Tenetevele, le vostre preghiere. 
Penso solo che, se ci fosse giustizia, il responsabile di questo macello, dovrebbe essere lasciato alla madre (sempre sia viva) del bimbo ucciso, che possa fargli atrocità inimmaginabili e che non venga, invece, rinchiuso in una cella a guardare la televisione, a mangiare e a dormire .

Uno che uccide un bambino, deve arrivare a “implorare” di morire. Deve sperare e augurarsi di morire al più presto.

Che se le toccano il figlio, una madre è in grado di uccidere. Eccome. 
E guardo il mio, di figlio, mentre fa colazione e mi chiedo quale mondo noi adulti stiamo lasciando ai nostri bimbi…

Scusate se scrivo in preda alla rabbia più feroce e non ho voglia di parlare di “civiltà” ma a volte, purtroppo, penso che la troppa civiltà non serva a niente e che, in alcuni casi, “perdonare”, “porgere l’altra guancia” ed “essere civili”, a lungo andare, possa essere la rovina della società stessa.

Ah, tranquilli… Datemi pure dell’ignorante, che chi è a favore - in alcuni casi - di certe cose, non ha sicuramente studiato. O è un fascistone.

È che io (giusto o sbagliato che sia) la penso così, e sono in grado di odiare. Voi, buoni, pensatela come volete ma abbiate il coraggio di guardare i vostri figli negli occhi ed essere sicuri al 100% che, in caso succedesse a voi, riuscireste a "perdonare".  
Tutti bravi, tante preghiere. Per gli altri.

domenica 14 aprile 2013

Inesorabile voglia di “provarci”



Dopo avere fatto un sogno allucinante (un mix tra “Arancia Meccanica” e “Non aprite quella porta”), sicuramente colpa della fonduta che il maritino ha pensato bene di cucinare ieri con 21 gradi all’ombra, mi trovo, con un buon caffè (che intanto, ormai, chi riesce a riaddormentarsi?) davanti al mio monitor e sto pensando a tutti i progetti in cantiere, sia virtuali (legati alla rete) sia reali. 
Cacchio, sono tanti. Troppi. Uno so in partenza che è molto difficile possa andare in porto, gli altri invece so che sono realizzabili e non mi preoccupano più di tanto. Una persona “concreta” lascerebbe da parte quello che probabilmente le farebbe perdere solo tempo e si concentrerebbe su quelli fattibili. 

Però c’è qualcosa, non so cosa, una specie di “vocina” che mi dice “Prova, non è così scontato che tu non ce la faccia”

Così, in questa alba, rifletto e sto considerando pro e contro e mi chiedo perché, nonostante siano effettivamente più i “contro”, c’è qualcosa che mi spinge a non archiviare questo progetto o a non rimandarlo a tempi migliori.

Tutta colpa della fonduta del maritino, sicuramente. 

Razionalmente penso che sia da pazzi provarci ma anche che sarebbe un po’ stupido non farlo, non tentare. E più faccio queste considerazioni più aumenta la paura di fallire ma anche l’adrenalina. La “vocina” mi sta dicendo “Ma anche se fallisci, chi se ne importa?”. Importa a me e al mio “tempo”, a quello che - so già - sprecherò quando in realtà ho tante cose su cui dovrei concentrarmi.

Una persona concreta e razionale avrebbe già rinunciato. Io non lo so. Io, forse, ci provo. È che sono curiosa e so che, se dovessi riuscire, sarei molto, molto contenta. E se no, se non dovessi farcela, avrei comunque tante altre idee su cui buttarmi.

Mi viene da ridere se penso che amiche e conoscenti mi ripetono spesso che sono un vulcano, una “forza” perché metto tutta me stessa nei progetti che porto a termine. Non sanno che sono talmente una forza che non riesco neppure a dormire la notte, pensando a questi progetti irrealizzabili ma che forse non lo sono, irrealizzabili.

E mi domando perché, invece di ascoltare le mie idee strampalate, non riesca a decidere di concentrarmi a imparare a cucinare e a tenere la casa in ordine, come converrebbe a una brava casalinga organizzata.

Mi chiedo cosa sia, questa cosa che ho dentro, che mi spinge inesorabilmente a volere sempre andare Oltre, alla ricerca di chissà che cosa, anche sapendo che, probabilmente, ne uscirò sconfitta.

Mi chiedo cosa sia questa “vocina” che, in questa alba, continua a ripetermi “Prova!”.

Tutta colpa della fonduta del maritino, sicuramente.

Io, mi sa che ci provo sul serio.

Ah! Buon lunedì.



venerdì 12 aprile 2013

Il mondo “realissimo” delle mamme blogger



Non mi è mai piaciuta, l’omologazione degli individui e dei cervelli. “Non hai altro a cui pensare?”, direte. In effetti sì ma, appunto, qualche volta mi piace anche "pensare". Bene o male è un altro discorso.
 
Stavo riflettendo sulla nostra “libertà”, su quanto sia importante la libertà di ognuno di noi (mantenendo ovviamente un alto livello di rispetto per se stessi e per gli altri) ma quanto, in fondo, diamo ad essa poca valenza. Per lo meno nella società in cui viviamo e, anche, in molte scelte che prendiamo o in alcune situazioni in cui inizialmente ci buttiamo con entusiasmo e poi, per questo, fatichiamo a modificare.
 
Pensavo anche alle mie, di scelte. Quelle degli ultimi tempi. Quelle che mi hanno portata a decidere di togliermi da un mondo “mammesco” di cui ho fatto - in qualche modo - parte negli ultimi anni, quello delle “mamme blogger”. Un mondo bello, divertente, istruttivo in cui ho avuto modo di conoscere amiche in certi casi più vere di quelle reali… Ma anche tante stronze, ho conosciuto. E, probabilmente, qualche volta lo sono stata pure io, stronza. Mamme che se la tirano tanto ma così tanto anche se poi non sanno neppure coniugare un congiuntivo o continuano, imperterrite, a scrivere “qual’è” invece di “qual è”. Credetemi se vi dico che, fra tutte, solo una decina (forse venti) sono quelle che non bistrattano l’Italiano (e sono le mie “Top Blogger”), quelle che lo conoscono, l’Italiano. Dove voglio arrivare? A parlare di libertà perché non tutto è quel che sembra e non tutto mantiene la stessa importanza per sempre.
 
Un’amica che ha chiuso, dopo sei anni, il suo blog ventiquattro ore prima di me ha spiegato bene (e in maniera diplomatica), molto meglio di quanto stia cercando di fare io adesso, cosa sia in realtà il mondo “realissimo” delle mamme blogger. A me viene da raccontarlo in modo non diplomatico. Come al solito.
 
Il mondo delle mamme blogger è un mondo utile perché è un mondo di condivisione e di confronto. È un dato di fatto che poter leggere di altre mamme (o neomamme) che vivono la tua esperienza fa bene, ti fa sentire parte di un gruppo, non ti fa neppure pensare di essere sola di fronte a un’avventura meravigliosa ma anche difficile come quella di essere madre. 
 
Da anni consiglio a tutte le neomamme di aprire un proprio blog o comunque di scrivere. Perché fa bene allo spirito.
 
In principio scrivete solo per voi stesse ma poi, quando vi accorgete che avete un “pubblico” che non è composto solo dal maritino o da vostra sorella, che qualcuno vi legge ogni giorno e le visite dei vostri lettori (che, in gergo, si chiamano “numeri”) aumentano, le cose cambiano.
 
Di colpo iniziano a “filarvi” tutti, aziende comprese. Vi invitano agli eventi più fighi del mondo, quasi tutti i giorni, che ti viene da pensare “Ma le altre come fanno? Hanno davvero figli e mariti?”.
 
Cambia il vostro modo di scrivere e cambia quello che scrivete. Correte il rischio di non scrivere più quello che volete davvero. Iniziate a fare la pasta di sale anche se, prima, cercate su google cosa cazzo sia, che così fan tutte. Cambia il vostro modo di essere “libere” ma non ve ne accorgete subito. No, perché all’inizio credete di fare parte di un gruppo, di un gruppo figo composto da persone che hanno fatto scelte, responsabili o azzardate che siano, anche controcorrente. Andando in profondità, leggendo tanti altri blog, vi rendete conto che forse non è tutto come sembra, che forse questo mondo (come molti altri) è solo uno specchietto per le allodole.
 
Che se rinunci ad andare all’evento mondano perché non c’hai voglia, che la sera magari preferisci stare a casa in pantofole, seduta sul divano vicino a tuo marito e al tuo bambino, sei una “snob”. Snobbi l’evento, l’azienda che lo organizza e le stesse mamme blogger.
 
E sapete quando capite che le cose stanno andando bene? Che i vostri “numeri”, li avete? Quando, pur “snobbando” mille inviti, continuano ad arrivarne altrettanti, quando le varie agenzie cominciano a telefonarti perché non hai avuto tempo di leggere quella mail che il bambino aveva la febbre… Quando su Facebook ti chiedono amicizia e, subito, sulla tua bacheca postano il link del loro blog appena nato che ha bisogno di visite. Quando sulla loro bacheca, commentano (a volte prendendoti pure per il culo) quello che tu scrivi sulla tua, di bacheca. Quando si colorano i capelli perché l’hai appena fatto tu, che se magari una è un po’ “stravagante” la leggono di più, no? No. Quando, cambiando solo poche parole, copiano i tuoi pensieri sul loro status, come se fossero usciti dal proprio cervello. La verità è che non tutte le mamme blogger hanno il cervello. Chi lo possiede fa parte di quelle poche che io considero le “Top Blogger” e chi mi leggeva su La Voce delle Mamme sa, più o meno, a chi mi riferisco. Le Top Blogger, in sostanza, sono quelle che, anni fa, si sono inventate un “lavoro” - ma sul serio - dal nulla, quelle che faticando spesso più di dodici ore al giorno davanti a un monitor, si sono create il proprio spazio nella rete (e non solo). Quelle che possono permettersi di scrivere ciò che vogliono, di scrivere realmente ciò che pensano e, soprattutto, quelle che lo sanno fare. Quelle che possono, davvero, essere libere. Le “Top Blogger” sono quelle che hanno un proprio “stile” (di scrittura e di modo di essere). Che non basta mettersi lo smalto dello stesso colore per volare ai suoi livelli. Le “Top Blogger” sono inimitabili. Le altre… “fuffa”.
 
Sempre un’amica mi ha detto che spesso si chiede perché mai sia entrata a far parte di questo mondo. A volte me lo chiedo anche io ma, alla fine, penso che non sia stata un’esperienza negativa proprio per il fatto che ho imparato tanto dalle blogger “brave”, quelle di alto livello. Anzi, a conti fatti, forse ho ricevuto più “bene” di quanto, in realtà, abbia dato.
 
Non sono una Top Blogger e so che mai lo sarò. Che la cosa non mi preoccupi particolarmente credo sia dimostrata dal fatto che ho chiuso il mio vecchio blog e ho aperto questo che, ad oggi, conta ben 10 followers… Ma ho sempre creduto di potermi permettere di scrivere ciò che voglio e, pur avendolo scordato per qualche tempo, voglio continuare a farlo. Che poi, qualche volta, non corrisponda al pensiero comune, ecchissenefrega.
 
Questo per dirvi di scrivere, di aprirvi tutti i blog che volete ma anche di stare attente a non farvi travolgere da un “vortice” (neppure troppo virtuale) che vi faccia perdere di vista ciò che siete e ciò che volete essere o, per lo meno, quello che non volete diventare.