Amo
scrivere di notte cosicché ho gli orari tutti sballati. Ho sonno e vado a
dormire alle dieci di sera e alle 04,00, spesso (non sempre) sono in piedi,
sveglia come un grillo. Mi piace scrivere di notte perché c’è silenzio e riesco
ad ascoltarmi di più, riesco a pensare con la mente più libera, senza condizionamenti
esterni. E senza interruzioni. Mi alzo, bevo un caffè e tengo il mondo fuori.
Ci siamo solo io e il monitor bianco, il mio spazio da riempire. E la musica, che
ascolto rigorosamente con le cuffie per non svegliare gli “uomini” di casa.
Ho
scritto “Un cassetto del cuore” in due settimane, a dire la verità anche di giorno
perché ero talmente “presa” dalla storia che non potevo farne a meno. Avrò
dormito tre ore per notte, ho sempre scritto. Non ho praticamente neanche
mangiato perché si è chiuso lo stomaco, stravolto e stupito da tutte le
emozioni, prepotenti, che uscivano. Oh! Ho perso cinque chili in quindici
giorni. Ho liberato tutto quello che avevo dentro e, quando ho terminato, ero
sfinita. Sul serio. Non per il sonno mancato ma per il mio stato interiore, per
le emozioni, fortissime e devastanti, che ho provato... Come se avessi fatto a botte ininterrottamente con me stessa. Una persona che di libri
se ne intende, mi ha detto che questo scritto arriva dritto al cuore. È il
complimento più bello e più importante che potessi ricevere perché, lo ammetto,
ho trascorso due settimane a piangere a causa dei sentimenti che uscivano a
raffica dal mio, di cuore. Mio figlio un giorno mi ha detto: “Mamma, ma se ti
piace scrivere perché piangi?”. Non fa una piega.
Qualcuno, non ricordo più
chi, qualche tempo fa mi ha detto che per “scrivere” forse bisogna stare un po’
male. Ho capito, adesso, cosa intendesse. Io, da un po’ di tempo stavo male
perché ci sono “dolori” che, è inutile, non permettono di vivere, di assaporare
la vita come si dovrebbe. Li tieni dentro e basta. Sono stata molto male anche scrivendolo, questo libro
ma, alla fine, credetemi se vi dico che sono “rinata”. A volte, forse, bisogna
solo “scavare” dentro di sé per capire tante cose. Non bisogna avere paura di farlo.
Questo per dire che consiglio, veramente a tutti, di scrivere, di non chiudere i
propri sentimenti (neppure quelli negativi) in un cassettino in fondo al cuore
ma di esternarli, di liberarli. Ci si sente meglio, dopo. Davvero.